Negli ultimi anni si parla sempre di più di inclusione: aziende, scuole, istituzioni cercano di dimostrarsi più aperte e accoglienti verso le persone LGBTQIA+ (sebbene gli ultimi sviluppi politici sembrano allontanarsi anche da questa idea). Ed è senza dubbio un passo avanti importante. Ma c’è un aspetto di cui si parla ancora troppo poco: l’inclusione da sola non basta a garantire benessere psicologico.
Cosa possiamo fare quindi per raggiungere una migliore qualità della vita come persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+ o come persone queer?
L’apparenza dell’accettazione
Essere “inclusi” può voler dire essere tollerati, menzionati, rappresentati in uno spot o in un evento aziendale. Ma non sempre significa sentirsi veramente al sicuro, ascoltati, valorizzati nella propria complessità.
Molte persone LGBTQIA+ continuano a vivere micro-aggressioni quotidiane, invisibilità, sensazioni di non appartenenza, anche in ambienti “aperti”. E questi fattori, sommati al vissuto personale e alla storia collettiva di discriminazione, possono incidere profondamente sulla salute mentale.
Il minority stress è reale
Il concetto di minority stress ci ricorda che le persone che appartengono a gruppi marginalizzati sperimentano un livello cronico di stress aggiuntivo, dovuto all’ostilità sociale, alla paura del giudizio, all’auto-censura.
Questo tipo di stress può portare a difficoltà emotive, ansia, depressione, senso di isolamento, bassa autostima — anche quando “sulla carta” si vive in un contesto inclusivo.
Ascolto, cura e spazi sicuri
La salute mentale delle persone LGBTQIA+ ha bisogno non solo di rappresentanza, ma di spazi in cui potersi raccontare senza paura, professionistə che conoscano il linguaggio e le esperienze della comunità, relazioni che siano nutrienti e non giudicanti.
Come counselor, credo che il nostro ruolo non sia solo quello di accompagnare chi chiede aiuto, ma anche di interrogarci sui nostri limiti culturali, sui nostri pregiudizi interiorizzati e sulle strutture in cui lavoriamo.
Verso un benessere reale
Includere davvero significa trasformare: i linguaggi, i gesti quotidiani, le norme implicite. Significa accogliere la complessità, permettere a ogni persona di essere esattamente chi è, senza bisogno di adattarsi o spiegarsi.
Perché il benessere psicologico non nasce dal sentirsi “tollerati”, ma dal sentirsi profondamente visti.
Costruire connessioni, non solo visibilità
Se fai parte della comunità LGBTQIA+, forse ti è capitato di sentirti solo anche in mezzo a persone “aperte”. Magari ti sei adattatə tante volte, hai evitato di parlare di te, hai abbassato la voce in certi contesti, o hai fatto finta che certe cose non ti toccassero.
Questa fatica non si vede sempre dall’esterno, ma lascia il segno.
E la verità è che il benessere psicologico non nasce solo dal diritto di esistere, ma dalla possibilità di sentirsi parte, sentirsi accolti, sentirsi liberi di essere interamente se stessi.
A volte bastano pochi spazi giusti per cominciare a guarire: un gruppo dove condividere esperienze simili, una relazione d’aiuto in cui non serva spiegare tutto da capo, un ambiente dove finalmente poter respirare senza filtri.
Meriti più di una “tolleranza”
Non è raro che, anche in contesti apparentemente inclusivi, si senta ancora una certa freddezza. Come se il messaggio fosse: “Va bene chi sei, purché non dia troppo nell’occhio.”
Ma tu meriti molto di più.
Meriti di essere ascoltatə senza pregiudizi, riconosciutə per la tua storia unica, accoltə nella tua complessità.
La salute mentale non è un lusso o qualcosa che riguarda solo chi ha “grandi problemi”: è un diritto di tutti. E spesso, chi appartiene a una minoranza ha dovuto costruire il proprio equilibrio con molta più fatica.
Mentre attendi che il mondo cambi, puoi cambiare te stessə
Non è giusto dover sempre essere noi a trovare nuove strategie per affrontare un mondo che ci mette alla prova. Il cambiamento dovrebbe partire anche dall’esterno: dalle leggi, dai luoghi di lavoro, dalle famiglie, dalla cultura.
Ma mentre aspettiamo — e continuiamo a lottare perché le cose cambino — possiamo scegliere di prenderci cura di noi. Non per adattarci, non per “diventare più forti”, ma per liberarci da ciò che ci è stato imposto.
Puoi iniziare a:
- riconoscere i tuoi bisogni, anche quelli che hai imparato a zittire;
- darti il permesso di sentire, anche quando è scomodo;
- costruire una voce interiore che sia tua, non il riflesso delle paure altrui;
- percorrere una strada verso una vita più autentica.
Cambiare te stessə non vuol dire smettere di essere chi sei.
Vuol dire tornare a casa, dentro di te, e riscrivere il modo in cui ti guardi. Vuol dire scegliere di non aspettare più il permesso di stare bene.
E il percorso comincia, spesso, da un primo piccolo gesto: chiedere ascolto.

Un percorso verso di te
In un mondo che spesso ti chiede di adattarti, il counseling è uno degli spazi in cui puoi essere e ritrovare te stessə.
Essere ascoltatə, senza dover spiegare tutto.
Essere accoltə, senza che qualcuno ti voglia “aggiustare”.
Essere te stessə, anche se non sai ancora bene cosa voglia dire.
Un percorso di counseling può aiutarti a:
- fare chiarezza dentro di te, quando ti senti confusə, bloccatə o diviso tra ciò che senti e ciò che “dovresti” fare;
- legittimare le tue emozioni, anche quelle scomode, come rabbia, vergogna, tristezza o paura;
- riconoscere le ferite del passato che ancora oggi condizionano le tue relazioni e la tua autostima e cominciare a vivere nel qui e ora;
- liberarti dal bisogno di compiacere, e iniziare a mettere confini sani;
- ascoltare chi sei davvero, al di là delle etichette, delle aspettative e dei ruoli che ti sei sentito addosso;
- riconoscere e valorizzare le tue risorse, anche quelle che il giudizio altrui ha messo in dubbio;
- ritrovare energia, motivazione e desiderio, in un momento in cui ti senti spentə o disorientatə;
- costruire relazioni più autentiche, in cui sentirti veramente vistə, senza dover aderire a dei codici o nascondere parti di te.
Non serve arrivare “a pezzi” per chiedere aiuto. A volte è proprio quando stai tenendo tutto in piedi da solə che può fare la differenza avere qualcuno accanto che può accompagnarti nella crescita. Qualcuno che cammina con te, senza giudizio, e ti aiuta a guardare con occhi nuovi ciò che stai vivendo.
Se senti che questo è il momento per iniziare a prenderti cura di te, io sono qui.
Possiamo lavorare insieme, passo dopo passo, per costruire uno spazio sicuro dove ritrovare il tuo centro, senza maschere, senza pressioni, e con gentilezza.
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