Cosa significa davvero “maschile”? E cosa significa “femminile”?
Nel 2025 continuo a sentire usare questi termini in modi che, a dire il vero, trovo sempre più anacronistici. Non tanto per le parole in sé, ma per il modo in cui vengono impiegate: come etichette rigide per descrivere qualità interiori, modi di essere, atteggiamenti, che, oramai, poco o nulla hanno a che fare con quello che le due parole denotano, tant’è che i significati che spesso attribuiamo loro, al di là di quelli prettamente sessuali, non sono inclusi nelle loro definizioni (femminile, maschile) nella Treccani.

È un tema che mi sta molto a cuore, anche e soprattutto come counselor, perché il linguaggio che usiamo per parlare di noi stessi e degli altri ha molto potere, e le parole che usiamo trasportano significati nascosti che possono condizionare ed essere male interpretate.
Le parole creano mondi, influenzano la nostra identità, il modo in cui ci percepiamo e quello in cui veniamo accolti.

Sesso e genere: due piani diversi

Facciamo chiarezza. Nel linguaggio comune “sesso” e “genere” vengono spesso usati come sinonimi, ma indicano realtà molto diverse.

Il sesso si riferisce alle caratteristiche biologiche che distinguono maschi e femmine: anatomiche, morfologiche, fisiologiche. È ciò che possiamo osservare nel corpo.
Ma la realtà, anche qui, è meno binaria di quanto sembri e le cose si complicano, perché esistono persone che dalla nascita presentano attributi di entrambi i sessi. La natura, in fondo, è molto più fluida di quanto ci piaccia credere.

Il genere, invece, è un costrutto sociale. È la cultura che decide cosa è considerato “maschile” e cosa “femminile”.
Questo concetto, introdotto negli anni ’60 da Stoller e Money, nasce proprio per distinguere ciò che appartiene al corpo da ciò che appartiene alla società e all’identità. Il genere non è una distinzione naturale, ma culturale, e pertanto è appresso e non innato.

Il genere ha quindi a che fare con la percezione che abbiamo di noi stessi all’interno del contesto sociale e culturale in cui viviamo.
Una persona può nascere con attributi sessuali maschili e sentirsi donna. O viceversa. E questo è pienamente legittimo.

Le parole che non ci bastano più

Il problema è che continuiamo a usare “maschile” e “femminile” per descrivere caratteristiche che non hanno nulla a che fare con il sesso biologico.

Diciamo “maschile” per dire forte, deciso, razionale.
Diciamo “femminile” per dire dolce, accogliente, emotivo.

Ma davvero la tenerezza è “femminile”? E il coraggio “maschile”? Chi e quando l’ha deciso? Non è scritto nei geni, né sul corpo, e pertanto torna tutto alla cultura e al modo che abbiamo di apprendere questi costrutti.
Queste etichette, tramandate per secoli, oggi sembrano sempre più inadeguate, e spesso diventano gabbie invisibili che limitano la libertà espressiva delle persone.

Un uomo emotivo è “una femminuccia”.
Una donna decisa è “una con le palle”.
Ancora oggi il linguaggio tradisce quanto continuiamo a collegare certe qualità umane ai corpi, invece che alle persone.

Una donna non può essere forte senza doversi definire con attributi sessuali maschili? Un uomo non può piangere senza sentirsi dire “femminuccia”?

Cos’è un uomo femminile? Cos’è una donna maschile? Un po’ come dire un bianco scuro e un nero chiaro. Ossimori difficili da comprendere. Probabilmente perché il termine è sbagliato. 

Quando le parole ci limitano

Come counselor mi capita spesso di incontrare persone che si sentono “sbagliate” semplicemente perché non corrispondono all’immagine di maschile o femminile che la società si aspetta da loro.

Uomini che faticano a concedersi la vulnerabilità.
Donne che si sentono in colpa per la loro ambizione o il desiderio di indipendenza.

Tutto questo nasce da una radice linguistica e culturale: da secoli associamo certe qualità a un sesso, e così facendo neghiamo agli individui la possibilità di vivere pienamente la propria gamma emotiva e personale. Ci neghiamo di vivere noi stessi e gli altri, perché il modo in cui utilizziamo questi termini modella il modo di vederci, portando vergogna e inadeguatezza quando le caratteristiche personali che mostriamo non sono normalmente associate con il sesso a cui apparteniamo.

Ma la verità è che forza e dolcezza, fermezza e sensibilità, coraggio e tenerezza appartengono a tutt*.
Sono qualità umane, non sessuali.
E quando iniziamo a nominarle in questo modo, senza dividerle in categorie binarie, apriamo uno spazio nuovo — di autenticità, libertà e riconoscimento reciproco.

Yin e Yang

In realtà, nella tradizione asiatica, si è sempre parlato di aspetti Yin e aspetti Yang. Diversi termini che non si riferiscono prettamente agli aspetti sessuali.

Yin è l’ombra, la passività, la morbidezza, l’umidità, il lato in ombra della montagna. E anche la femminilità. Questo perché l’organo sessuale femminile è passivo, e fa entrare. Non significa che la femmina debba essere necessariamente anche morbida, passiva, emotiva.

Allo stesso modo, Yang è calore, forza, freccia, coraggio, e anche maschile. Perché l’organo sessuale maschile penetra e non viene penetrato. Non significa che un maschio non possa essere emotivo.

Una proposta oltre il binario: le idee di Eugenia Cheng

La matematica e filosofa Eugenia Cheng, nel suo libro x+y: A Mathematician’s Manifesto for Rethinking Gender, propone un’alternativa interessante a queste polarità.
Invece di parlare di maschile e femminile, introduce due nuovi termini: ingressivo e congressivo.

L’ingressivo descrive un approccio orientato al sé, al risultato, alla performance individuale.
Il congressivo, invece, parla di connessione, cooperazione, attenzione alla relazione e al contesto.

Non si tratta di sostituire “maschile” e “femminile” con nuovi stereotipi, ma di cambiare prospettiva: non più pensare in termini di genere, ma di modalità di espressione umana.

La tenerezza non ha sesso, la forza non ha sesso. Così come, l’emotività, la rabbia, l’aggressività, la paura, il coraggio, la tenerezza, l’accoglienza, la socialità, l’ambizione. E allora, se abbiamo bisogno di termini che racchiudano qualità con la stessa valenza, Cheng propone questi due termini.

Tutti noi possiamo essere ingressivi o congressivi, a seconda dei momenti, delle situazioni, del nostro modo di stare nel mondo.
Questa distinzione libera le qualità umane dai limiti del sesso biologico e ci restituisce la complessità che ci appartiene.

Nuove tradizioni

Possiamo costruire insieme nuove tradizioni, per slegarci dalle catene che i termini maschile e femminile ci hanno imposto per secoli. Possiamo imparare a chiamare le cose per quello che sono.

Sicuramente, lasciare indietro le “tradizioni” non è facile. Eppure, le tradizioni sono frutto di una creazione. Qualcuno ha distrutto una tradizione per crearne un’altra a un certo punto della storia. Nulla nasce dal nulla. 

Quindi perché non essere noi a cominciare un nuovo corso e chiamare le cose con il nome giusto? Perché dire femminile per dire tenero, morbido, emotivo o perché dire maschile per dire forte, caldo, potente, quando questi termini non sono sinonimi?

Un invito alla consapevolezza

La prossima volta che ti capita di dire o pensare “è un tratto femminile” o “è un comportamento maschile”, prova a fermarti un momento.
Chiediti: di cosa sto parlando, davvero?

Di empatia? Di coraggio? Di delicatezza? Di forza? Di ambizione? Di lacrime?
E se togliessi il genere da quella qualità, cambierebbe qualcosa nel modo in cui la percepisco?

Se io pensassi a me stessə slegandomi da questi termini, mi permetterei di fare o essere qualcosa di diversi nella mia vita?

Forse scopriremmo che ciò che chiamiamo “maschile” o “femminile” è semplicemente umano, e che liberare il linguaggio da queste polarità è anche un modo per liberare noi stessi.

Cosa puoi fare tu?

Se questi termini ti sono stati stretti, e vuoi esplorarti liberandoti da questi stereotipi, un percorso di counseling può aiutarti a ridefinirti in modi più consoni e slegati dal pensiero culturale dominante.

Con gentilezza, puoi avvicinarti a te stessə con un nuovo punto di vista, e scegliere per te quali parole ti rappresentano, al di là del sesso e del genere.

Se vuoi cominciare questo percorso alla scoperta di te, o vuoi sapere di più su di me, leggi di più qui e scrivimi a valerio.a.counseling@gmail.com.